A letto la situazione non è migliore. Buonanotte, cara. Spegne la luce, si rivolta dall’altra parte. Sono già le prime avvisaglie dell’andropausa? Evito di dar voce a questo mio sospetto, infierire sulla pigrizia della sua libido non mi sembra molto indicato, allo stato attuale del nostro rapporto.
Dopo una frenetica consultazione di alcune riviste femminili, propendo per la tattica che riscuote il maggior numero di suffragi alla domanda: “Che fate se il vostro partner mostra chiari ed inquietanti segni di disinteresse sessuale?” Suscitarne la gelosia: una tattica antica.
Un’attenta e raffinata strategia è decisiva ai fini del successo dell’azione. Purtroppo ho sempre mostrato uno scarso interesse allo svolgimento delle grandi battaglie della storia nè ho mai imparato a giocare a Stratego. Le poche vittorie riportate risalgono a qualche partita di battaglia navale, combattuta su un foglio a quadretti durante l’ora di religione in quinto ginnasio.
Rinuncio, senza pensarci due volte, ai consigli delle amiche del cuore. Mi è capitato più di una volta di ritrovarle a letto con il mio uomo, no, non è quello che credi, non fare quella faccia, stavo solo sperimentando la validità di una tecnica di seduzione da proporti.
Grazie. Stavolta faccio da sola.
I giorni passano, la situazione non evolve.
L’idea di rendere geloso il mio uomo mi spaventa. Per natura sono fedele e m’impappino nel dire le bugie. Meglio usare mezzi più consoni alla mia indole prima che l’età del pensionamento sessuale renda sterili i miei sforzi d’immaginazione.
Tra il dire e il fare, come si dice… Non posso certo definirmi una donna fatale, non ho mai tradito mio marito né ho fatto l’amore abbandonandomi a fantasie erotiche con il vicino di casa, un bel pezzo di vichingo, o sul collega d’ufficio che una volta, in cucina, mi ha mollato una pacca sul sedere. Era brillo. Punto e a capo.
Qui si tratta di capire dove nasce il problema. Mi armo di modestia.
Mi piazzo, nuda, davanti al grande specchio del salotto e procedo a un esame lucido e dettagliato del mio corpo.
Statura, diciamolo, decisamente piccola. Nana? No, ma qualche centimetro in più non avrebbero certo costituito un “optional” da trascurare. Fisico polposo, dotato pero’ di una certa grazia dovuta alle proporzioni. I fianchi scivolano nelle cosce con naturalezza, i polpacci sono forse un po’ troppo muscolosi, ma in alcuni casi questo difetto può rivelarsi utile (lunghe passeggiate, gite in bicicletta o amplessi di durata superiore alla norma). La grana della pelle non è più quella di una neonata, ma, a detta della mia massaggiatrice, il tessuto è ancora tonico, “s’impasta” bene. Parecchie sue clienti, più magre, hanno glutei e cosce mosce che sfuggono alla presa, insomma non danno alcuna soddisfazione a una professionista del palpeggio.
Veniamo ai dettagli. I seni. Qui l’onestà s’impone. Li guardo attentamente e li immagino al centro di un piatto, accanto a un pezzo di formaggio a pasta dura. Due pere, le punte attratte verso il basso, non a causa del peso, ma per il solo effetto della legge di gravità. Qualche iniezione di silicone? No, grazie, i consigli esperti della commessa di un negozio di biancheria intima sono certamente più utili di quelli di un chirurgo plastico, magari brasiliano. Per non parlare del prezzo, nettamente concorrenziale.
I glutei. Devo mettermi di tre quarti. Diventa più difficile esaminare con obiettività un pezzo del proprio corpo riflesso solo in parte. Esaminerò prima il lato sinistro, poi il destro. O viceversa. Il metodo non è rigorosamente scientifico, ma è l’unico che mi viene in mente. Dopo l’analisi, la sintesi. Non si può certo affermare che io abbia un posteriore a mandolino. Il fondo schiena leggermente arcuato, mettendo in risalto la prominenza dei glutei, ricorda vagamente la struttura dell’oca, ma la cicatrice che corre lungo quel tratto di spina dorsale evoca una sofferenza giovanile, quindi il paragone tra il mio posteriore e quello, di certo più piumato, di un palmipede sarebbe di cattivo gusto. Oso sperare che un eventuale osservatore di questa mia postura anserina abbia l’accortezza e la finezza di rimettere il suo giudizio “a posteriori”, espressione quanto mai pertinente.
Benché il ritratto che lo specchio riflette non susciti uno sfrenato entusiasmo, sono costretta a ricorrere alle armi del mio arsenale. Armi che peraltro mi hanno valso qualche bella vittoria sul campo di battaglia dell’alcova coniugale. Non ho quindi nessuna intenzione di disfarmene. Nutro per loro affetto e riconoscenza. Si tratta soltanto di mettere in valore la loro maturità. La patina dell’età non è sempre uno svantaggio e le rughe testimoniano di una vita vissuta, con i suoi momenti di gioia e di dolore.
Ora tocca a lui. L’altra metà della coppia. Il mio uomo. Dotato del fascino dell’intelligenza oltre a quello, indiscutibile, di un viso aperto e di un fisico scattante, non disdegna raccogliere i frutti del successo riscosso presso il pubblico femminile. Al suo arco, dunque, non poche frecce.
Un dubbio mi assale: in questi ultimi tempi ha forse percepito un minore interesse da parte mia nei confronti dei suoi problemi di lavoro, di eventuali cambiamenti ai vertici dell’azienda? Assumo torti e responsabilità. Ritorniamo quindi al punto di partenza di questo viaggio nella mia intimità.
Ho premesso che a me, e a me soltanto, incombe la riconquista della fortezza dove il mio uomo sembra rinchiudersi ogni giorno di più. Eppure c’è una persona cui mi piacerebbe confidarmi, chiedere aiuto e consiglio. E’una piccola signora novantenne, cui ho tenuto nascoste molte tappe della mia vita. Mia madre. Mi ritorna in mente, come fosse ieri, una passeggiata in una Parigi fredda e deserta. Era il primo dell’anno. In mia madre ho sempre visto riflessa l’immagine del dovere, del sacrificio, della rinuncia ai piaceri della vita per meglio adempiere agli obblighi materni. Quella mattina, tenendomi sotto braccio, mi confessò che la notte in albergo era stata appassionata… che mio padre, che uomo… Dubitai per un attimo che quelle confidenze uscissero dalle labbra arrossate di mia madre. Aveva settantacinque anni e lo spirito gagliardo di una sapiente cortigiana.
Le telefono. Le domande e le risposte di rito bloccano ogni mio tentativo di confessione.
– Ciao, mamma, ti richiamo uno di questi giorni.
A bruciapelo, mi chiede
– Avevi qualcosa da dirmi?
– No, solo sapere come stavi.
– Davvero? Hai una voce diversa, strana. Come va con il tuo uomo?
– Uomo, mamma?
– Insomma, con tuo marito. State sempre insieme, no? Sai, gli uomini, bisogna saperli prendere, Certe volte ti verrebbe di sbatterli fuori di casa, poi… insomma, la solitudine… Fai uno sforzo, non sei certo peggio di tante altre, usa la fantasia, l’immaginazione, soprattutto non lasciarti andare e conserva sempre il buonumore. Bé, ti lascio, vado a prepararmi un caffè.
Resto incollata alla cornetta. Ha capito tutto, la mia vecchia cortigiana. Perché non mi ha rifilato un consiglio? Le antiche tecniche di seduzione non cadono in prescrizione.
Resto sola con il mio problema. E la mia tristezza. Buonumore, fantasia, ha un bel dire mia madre, i silenzi in casa si fanno più pesanti, Lui è assente, distratto. Si’, ci ho già pensato, non sono nata ieri. Si è fatto l’amante, venti, venticinque anni al massimo, piccoli seni al vento, glutei sodi, ventre piatto, un piccolo diamante (finto) nell’ombelico. No, non ci sto, mi rifiuto di pensare che lui è andato a cercare altrove. Divento presuntuosa. “Aiutati che il cielo t’aiuta”.
Venerdì sera. Al cinema sotto casa danno un film che da tempo avremmo voluto vedere. Glielo propongo. Lui accetta. Rituale uscita settimanale di una coppia matura che attraversa una crisi in cui appare evidente la mancanza di desiderio sessuale sempre più spesso imputata allo stress, all’inquinamento atmosferico, alla frustrazione sul lavoro, alla mancanza di un impegno sociale, ecc.
– Le critiche sono sempre troppo generose con questi giovani registi. Bè, l’abbiamo visto, era quello che volevi, no?
– Chi? Io? La mia mente non ha registrato una sola scena del film. Con la coda dell’occhio ho spiato la sua respirazione, ho sperato che mi prendesse la mano. Resisto alla tentazione. Non posso certo confessargli che ho rivissuto in silenzio gli anni della mia pubertà, quando la penombra della sala cinematografica risvegliava in me piccole voglie di carezze segrete.
Mi offro da sola la tenerezza che lui mi rifiuta.
Entro in un bar e compro una tavoletta di cioccolato al pepe rosa. Una nuova moda. Apro la confezione. Originale, sembra una bustina di tabacco.
– Buonanotte, cara.
Allunga il braccio e spegne la luce. Resto seduta sul mio lato del letto, chiudo gli occhi e lascio sciogliere in bocca un quadratino di cioccolato al pepe rosa.
– Me ne fai assaggiare un pezzetto?
Ha ragione quella strega di mia madre, gli uomini, certe volte, bisognerebbe sbatterli fuori di casa. Al momento, però, rinuncio all’idea, inebriata dal profumo del cioccolato.
Se il pepe rosa avesse delle virtù afrodisiache?
Nel buio, scivolo sotto le lenzuola.