Quando un uomo accavalla le gambe e il pantalone sale fino al polpaccio, la vista dei suoi peli mi provoca uno spiacevole ribrezzo.
Non mi sono mai chiesta il significato profondo del mio disgusto. Avrei dovuto farlo? Troppo tardi. Alla mia età, le fissazioni sono ormai patologiche.
Esule in terra straniera, mi capita spesso, in tram, al cinema, a un ricevimento, di essere confrontata a questa visione conturbante.
Un esempio. Una cena tra colleghi d’ufficio. Impossibile non notarlo. Elegante, fisico asciutto, occhi vivaci, voce calda, labbra sensuali, niente male. Ringrazia la padrona di casa che gli porge un whisky con ghiaccio, si siede sul divano accanto a me, un leggero fremito, il mio sguardo punta la mano sinistra, non ha la fede, di bene in meglio. Sorride e accavalla le gambe… Sono presa da vertigini, cerco freneticamente un rifugio per i miei occhi. Ancora un’occasione sprecata, un amore morto prima di nascere.
Avrei dovuto parlarne al mio terapeuta. Come può un paio di calzini sabotare una storia d’amore? Ma anche lui indossa calzini corti e da ben sette anni confesso le mie paure davanti ai peli delle sue gambe accavallate. Se decidessi di affrontare il problema rischierei di deviare la traiettoria del mio lavoro di introspezione verso le abitudini vestimentarie di mio padre, dei miei fratelli, del professore di religione, del medico di famiglia, insomma di tutti gli uomini che hanno segnato la mia infanzia.
Paul non mi ha ancora svelato le sue preferenze in materia di calzini.
Da qualche tempo ci incontriamo ai concerti della domenica pomeriggio al Conservatorio di Musica. Siamo entrambi abbonati. Spesso scambiano le nostre impressioni sorseggiando un aperitivo nel foyer.
Se accavalla le gambe, lo fa con elegante discrezione, sotto il tavolo. Forse per superstizione ho sempre evitato di lasciar cadere il tovagliolo. Per raccoglierlo avrei potuto sbirciare le sue gambe. Credo proprio che mi sto innamorando.
Abbandono ogni forma di auto sabotaggio emotivo e invito Paul al ristorante per festeggiare insieme il suo compleanno.
Frenando a stento l’emozione, gli porgo il mio regalo. Mi sciolgo davanti al suo sorriso mentre scopre un paio di calzini lunghi, in seta e cachemire. Neri. Molto raffinati.
– Io … bé, forse c’è un malinteso… non sono… insomma non porto le calze.
Lo rassicuro con uno sguardo ammiccante, vagamente languido. La sua sessualità non è in discussione.
Si scusa, si alza, si dirige verso la toilette “Gentlemen”. Ecco, va a provarsi i miei bei calzini.
La mia vita è a una svolta decisiva.
Ritorna al tavolo, mi sorride, mi bacia teneramente sulla guancia, oddio, è il nostro primo bacio, si siede, fa salire lentamente il pantalone destro fino al ginocchio.
– La misura è perfetta.
Mi batte forte il cuore. Chiudo gli occhi e assaporo quel breve momento di smarrimento che precede la felicità.
– Guarda!
Esito. Paura ancestrale?
Paul si china verso di me.
– Dai, apri gli occhi.
La sua gamba destra si offre al mio sguardo. Fasciata in un calzino lungo fin sotto il ginocchio. In seta e cachemire. Nero. Molto raffinato.
I miei occhi si perdono nei suoi.
Il mattino seguente, i due calzini sono appoggiati sullo schienale della sedia nella camera da letto di Paul.
Sono al settimo cielo.
– Vado ad aprire alla cameriera. Resta pure a letto. Ti porto il caffè. Zucchero e latte?
Mi rigiro voluttuosamente nelle lenzuola stropicciate.
Sento Paul che dice di spolverare il salotto, lavare i vetri, metter su la lavabiancheria.
Il tono di voce si fa più basso.
– Per i calzini che troverà in camera, aumenti pure la temperatura a 90 gradi, dovrebbero accorciarsi, no?